Tratto da: " Ti ricordi il Marymount?"
Non me lo aspettavo, lo ammetto è stato come un colpo basso, un tradimento. Ho capito che alle elementari ci sarebbero stati i compiti a casa quando ormai eravamo al Kindergarten. Dopo tre anni spostarsi mi sembrava stupido eppure ai compiti ho fatto fatica a cedere. La mia convinzione partiva dall’esperienza personale. Per me chi frequenta una scuola privata fa i compiti a scuola. La scuola privata a differenza di quella pubblica cerca di andare più incontro alle esigenze dei genitori che lavorano. Anche io ho fatto le elementari in una scuola privata. All’epoca funzionava così: o uscivi da scuola alle 13,00, andavi a pranzo a casa e quindi facevi i compiti nel pomeriggio a casa o restavi a mangiare a scuola e dopo pranzo facevi i compiti. Chi usciva alle quattro aveva i compiti fatti e neanche portava lo zaino a casa. Ho dato per scontato che fosse così. Tornassi indietro chiederei prima. Mi informerei meglio. Comunque sia ormai è fatta . Ma è stata una tragedia. Come quando ti rompi un piede il primo giorno di vacanza o ti tiri la porta di casa proprio nell’attimo in cui ti salta in mente che le chiavi sono dentro. Un giorno parlando con il Preside gli ho detto che ho scelto di non fare il terzo figlio proprio in seguito alla scoperta “compiti a casa”. Ha riso, ma io non scherzavo. Il punto è che si tratta di una pratica necessaria per la scuola, assolutamente ingiusta per me. Su questo non andremo mai d’accordo. Un adulto lavora otto ore al giorno, proprio non riesco a capire perché ad un bambino bisogna chiedere di più. Non ho il coraggio di imporre ad i miei figli di sedersi a fare i compiti, dopo otto ore chiusi in classe, non ne ho il coraggio e credo che non sia giusto. Per loro, ma neanche per noi. Impensabile e difficile accettare il fatto che sia la scuola a dover decidere se e quando posso andare a fare una passeggiata in centro con i miei figli. Se posso andare dal dentista o a trovare i nonni. Spesso i compiti sono assegnati con qualche giorno di anticipo, spesso ma non sempre. Più frequentemente si va da un giorno all’altro e non sai mai, prima di aver controllato il diario, cosa ti capita. A tutto ciò bisogna tener conto degli impegni extrascolastici. Primo fra tutti il nuoto. I pediatri lo chiedono espressamente: non è solo uno sport, è come una medicina. Il nuoto è obbligatorio. Andare a fare nuoto due volte la settimana significa tornare a casa alle sette, e fare i compiti. Sfido un adulto! Comunque sia il nuoto non è quasi mai una scelta del bambino ma una imposizione del medico e di riflesso della madre. A questo punto mancano le attività pomeridiane ludiche scelte dal bambino in base alle sue passioni: in linea di massima tra i sei e gli otto anni si tratta di danza per le femminucce e calcetto o tennis o basket per i maschietti. Anche lì tra sport e doccia ci finisce alle sette. Dalla terza elementare poi si aggiunge un altro impegno pomeridiano imprescindibile: il catechismo. Anche qui non è una scelta, se sei cattolico lo devi fare. Ai miei tempi si faceva il catechismo la domenica mattina per un’ora, dopo la messa. Oggi questa cosa è cambiata, almeno qui a Roma: quasi in tutte le parrocchie, si fa catechismo il mercoledì pomeriggio dalle 17,00 alle 19,00. Poi la domenica mattina a Messa. Va da se che in terza elementare, di mercoledì, i bambini stanno chiusi in un’aula a studiare dalle 8,20 del mattino alle 19,00 di sera. Poi arrivati a casa invece di giocare, guardare un cartone animato o fare un bagno caldo, devono fare i compiti. Come si chiama questa cosa? Ingiustizia, così si chiama o sopruso. Fate voi.
La prima elementare di Ginevra é stata un incubo, per i compiti. Tanti e tutti i giorni. Una paginetta, dicevano le maestre...una di inglese, una di matematica, una d’ italiano. Poi sono arrivati lo spelling ed il flauto con i brani da imparare a memoria. Troppo. Ad ogni lamentela mi veniva risposto che i bambini devono fare da soli. Ora se mia figlia a sei anni mi avesse detto, tornando da scuola alle cinque del pomeriggio, mamma non vedo l’ora di fare i compiti, avrei temuto di aver commesso qualche errore. In realtà a quell’età , come è normale che sia, la voglia di fare qualcosa di diverso dal gioco, non è minimamente contemplata. Tocca a noi mamme insistere, pregare, negoziare fino allo sfinimento. “Mamma sei cattiva!” me lo hanno detto tutti e due in risposta alla mia richiesta di mettersi a fare i compiti. Non è giusto. Soprattutto perché poi ad un certo punto del tardo pomeriggio in quasi tutte le case squilla il telefono ed è papà che dopo aver chiesto “cosa si mangia stasera?” chiede di salutare i bambini. “Finite i compiti che poi arriva papà e giochiamo”. Non è giusto, noi cattive e loro fighissimi compagni di gioco. Non è giusto. E ho le prove!
Sentite cosa dice lo psichiatra Paolo Crepet a proposito dei compiti a casa:
" Nessun operaio della Fiat si porta a casa un tergicristallo da finire: perché un ragazzo deve continuare da solo o con dilettanti (questi siamo noi genitori...ndr) un lavoro non finito a scuola?"
"Se il tempo con i figli è occupato dai compiti verrà sottratto all'attenzione/partecipazione e ad altri aspetti ugualmente importanti per la loro crescita: il gioco, il dialogo, la narrazione, le confidenze, lo star vicini ad ascoltarsi. Il tempo libero da trascorrere con i figli è un diritto.”
Mentre scrivo queste pagine Floriana mi “gira” questa notizia.
Manhattan, scuola elementare abolisce compiti: fanno male. "Leggete e passate tempo con famiglia", dice la Preside.
Secondo la Preside Jane Hus “fanno più male che bene. Basta compiti per casa, senza, gli studenti sono incoraggiati a leggere libri e trascorrere tempo con la propria famiglia. Gli effetti negativi dei compiti a casa sono stati ben consolidati da studi, causano frustrazione, stanchezza, mancanza di tempo per altre attività, tempo per la famiglia e, purtroppo per molti, la perdita di interesse per l'apprendimento."
Ecco ho ragione io, fanno male... e la Preside in questione, ovviamente, è una donna...
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