giovedì 2 giugno 2016

Maestre e pagelle



Cara maestra, caro maestro, 
prima di chiudere il pezzo di carta su cui scriverai quella lista di numeri che giudicheranno mio figlio, so che ti ricorderai che lui non è un numero.
So che penserai che tra quei numeri c’è un pezzo della sua anima.
Controlla, prima di scrivere, se è un buon amico, un bambino buono e non solo un bravo alunno. Se è capace di ascoltare, di esserci per chi lo cerca, se si sforza per dare aiuto.
Giudica le sue capacità artistiche: il suo disordine, i suoi rumori, il suono delle sue risate. Giudica l'amore che è in grado di provare per gli altri, la capacità che ha di tollerare e aspettare. Giudica la sua pazienza, la sua prudenza  e il suo senso della giustizia.
Oltre che per la matematica, guarda se è portato per i sentimenti, se è in grado di dividere le fatiche con gli altri e di moltiplicare le gioie di tutti. Guarda le sue mani, sono sporche, la sua divisa è disordinata: si è divertito, ha giocato, ha dipinto, ha agito, ha manipolato e vissuto. Non ti ha mancato di rispetto.
Ricordati che è un bambino. A lui non piace stare fermo, seduto, in silenzio. Non è quella la sua natura. Ma lo fa, solo per te. Per non deluderti. Non deluderlo, maestra. Non giudicare le sue domande anche quelle più assurde: sono le sue paure. Non deriderlo per questo, le paure possono diventare sogni . Controlla i suoi errori: spesso sono solo idee diverse, le sue. So che giudicherai la sua capacità di risolvere problemi, quelli veri però. Al nonno di Pierino che compra le mele al mercato e poi gli cadono, non ci crede più da anni. Lui non è Pierino e, forse,  malgrado sia un bambino, ha problemi più grandi da risolvere, problemi di cui tu non sai perché non te ne parla per imbarazzo o forse solo per non darti un dispiacere. Troppo spesso i bambini hanno problemi più grandi dei grandi. Ma sono bambini e i problemi diventano capricci.  Cerca di capire che oltre quella degli Assiri e degli Egizi, c'è anche la sua storia. E che non sempre, anche se è un bambino, è una storia facile. Prima di chiudere quel pezzo di carta, prima di scrivere quel numero che dovrebbe rappresentarlo, so che penserai che in quella cifra c'è un anno della sua vita. Ci sono le ansie, le lotte per la sopravvivenza del gioco, la fatica di star seduto per otto ore, ci sono le grandi e piccole frustrazioni, le ore di sonno e di ozio perse. C’è una cameretta piena di colori e giochi mai vissuta e un ritmo di vita che di bambino non ha davvero nulla. Sai che in quel numero ci sono tutte le volte che si è sentito offeso, punito anche solo con uno sguardo, criticato e giudicato davanti ad una classe intera perché non ha finito i compiti, perché ha dimenticato il righello, perché ha sbagliato un verbo? Quando accade ai grandi si chiama mobbing, per i bambini come si chiama? Sono piccoli, ma hanno una dignità che neanche immagini e si offendono, come se si offendono, se li riprendi in pubblico. 
Non scrivere dieci, nove, otto se ritieni che sia arrogante, presuntuoso, cinico nel rapporto con gli altri. Non lodarlo se finisce bene un compito ma non aiuta un compagno. Non scrivere dieci se solo sospetti che dietro quel numero ci sia un piccolo uomo competitivo disposto a tutto pur di emergere. 
Prima di chiudere quel pezzo di carta,  attiva i tuoi ricordi. Cosa amavi da bambina, maestra? Quanto di te c'era in quei numeri? Quante volte ti sei sentita, magari poco genio ma tanto incompresa? Non emulare chi ha fatto soffrire te perché  in fondo, malgrado la severità dei tuoi vecchi insegnanti, "sei venuta su bene".
La severità non aiuta a crescere ma ad aver paura e a non sentirsi mai all’altezza. La comprensione, la passione, la gratificazione aiutano a crescere, a diventare uomini e donne risolti, a portare in giro, tra gli amici e la gente, tutto l’amore ricevuto.
No maestra, non siamo venuti su bene se ancora giudichiamo i bambini con dei numeri. Non siamo cresciuti bene, se ancora da adulti, anche  senza numeri, non facciamo altro che giudicare. I grandi, quelli veri, quelli che hanno dato tanto a questo mondo e a questo Paese, non sono mai stati giudicati con grandi numeri. Più spesso sono rimasti soli, mal giudicati, incompresi, mortificati, uccisi da un mondo che premia solo se sei competitivo, aggressivo, disonesto, cattivo.
La sensibilità e il rispetto non sono incapacità. La gioia di vivere e la capacità di sognare non sono distrazione.
L’assenza di competitività non è debolezza ma fratellanza.

Buone vacanze  maestra

Marinella Cozzolino, mamma di Ginevra e Victor.